Poco prima che il Lazio passasse da zona gialla a rossa (si era al 12 marzo), l’ultimo week end libero ciascuno ha dovuto scegliere come passarlo per “fare scorta” prima della chiusura. Noi abbiamo scelto di evitare i luoghi più gettonati (assembramenti garantiti) e ce ne siamo andati al museo, ben certi che sarebbe passato un bel po’ prima che potessimo rifarlo. Anche questa volta, la scelta è caduta su un altro museo poco noto di Roma, quello Napoleonico. “Cosa, c’è un museo napoleonico in Italia?”. Si gente, ed effettivamente abbiamo imparato un paio di cosette interessanti. Non solo e non tanto su Napoleone, quanto sul ramo dei Bonaparte che si stabilì a Roma.
Il Salotto dei Bonaparte

Dopo una gratificante passeggiata da piazza San Pietro fino a percorrere parte del lungoTevere godendo della vista di Castel Sant’Angelo, arriviamo all’ingresso del Museo. Dopo i controlli di routine in questi tempi pandemici, una gradita sorpresa: il museo è liberamente visitabile, non c’è alcun biglietto d’ingresso.
Appena entrati, è come piombare indietro ai fasti dell’impero napoleonico: il salone d’ingresso e la sala rossa successiva sono ancora decorati alla maniera ottocentesca. L’atmosfera calma e rilassante, in un modo che non riusciamo a descrivere pare pensata apposta per mettere a proprio agio il visitatore. Una sensazione, questa, che si prova per tutta la durata della visita. Le prime due sale raccolgono una magnifica serie di quelli che oggi chiameremmo “gadgets” napoleonici: spille, dipinti, armi, souvenirs etc.
Eppure, qualcosa turba la nostra quiete. Le luci. Luci fastidiosissime che si riflettono sulle tele impedendoci di goderne pienamente, oppure luci troppo fioche per illuminare targhette piccole e seminascoste. In almeno un paio di casi, rinunciamo a saperne di più su quel che stavamo guardando… Accidenti, se sono irritanti quelle luci! I signori Bonaparte ne dovrebbero essere messi al corrente.
I Bonaparte dopo Napoleone

La sconfitta di Waterloo del 18 giugno del 1815 segnò la fine dell’età di Napoleone, ma non di quel drappello di suoi parenti che o si erano stabiliti a Roma da molti anni, o vi sarebbero giunti dopo la caduta dell’imperatore francese.
Del resto, Roma era già legata alla famiglia nei piani dell’imperatore, che nel 1811 la proclamò “città libera ed imperiale”, destinata ad essere governata da Napoleone II, il primogenito di Napoleone, re di Roma per nascita. Dopo la caduta dell’Impero, quasi tutti i componenti della famiglia imperiale chiesero asilo a papa Pio VII e si stabilirono a Roma: la madre Letizia Ramolino, i fratelli Luigi, Girolamo, Luciano, i nipoti Carlo Luciano e Zenaide e la loro figlia Carlotta, la quale sposò nel 1848 il conte Pietro Primoli. Sono tutti nomi e volti che nel Museo impariamo a conoscere e a riconoscere.
Pietro e Carlotta, dopo la proclamazione del Secondo Impero si trasferirono con la famiglia alla corte di Napoleone III. Per tutta la vita due sentirono il "peso" del cognome. In particolare fu Pietro che per qualche tempo pensò di scrivere la storia segreta della famiglia Bonaparte raccogliendo una notevole documentazione sia dalla tradizione orale che dagli archivi. Successivamente, però, dedicò le sue energie alla formazione di quella straordinaria raccolta che forma ora il Museo.
Concludendo

Il Museo Napoleonico è sicuramente un museo unico nel suo genere, qui in Italia. Abbiamo visto che ha delle collezioni meravigliose e degli ambienti che si sono conservati per due secoli come i proprietari li avevano ideati. Ma ci sono anche delle criticità.
Abbiamo detto delle luci e delle targhette esplicative microscopiche, ma in realtà abbiamo notato una pecca assai più grave: la completa assenza di interattività. Non c’è un albero genealogico della famiglia, nessun tablet o dispositivo che ci guidi alla scoperta del rapporto tra la città e i Bonaparte, nulla che indichi un tentativo di svecchiarsi o di adottare più moderni criteri di valorizzazione. Insomma, è un museo che è rimasto fermo. Tuttavia, non merita una stroncatura. La bellezza delle sue collezioni e degli ambienti valgono da soli la visita, che tra l’altro è pure gratuita e quindi i fondi a disposizione non sono poi tanti. Però, almeno una piccola boutique all’ingresso con dei souvenir a tema napoleonico potrebbero organizzarla, farebbe la gioia di tanti appassionati! Voto finale: 3 su 5.
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