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Museo di Roma in Trastevere - Pinte al Museo

Roma è una città piena di musei. Ce ne sono di famosissimi, ma ce ne sono anche di sconosciuti, che spesso celano delle chicche che val la pena vedere. C’è però un problema, ovvero che spesso queste chicche sono sepolte sotto una montagna di disastri espositivi e/o comunicativi talmente evidenti, che riesce difficile poi godersele. Inizia così, con questa riflessione, la nostra visita al Museo di Roma in Trastevere, cronaca di un disastro evitabile.

Trastevere zona gialla

Come dice il nome, il museo si trova a Trastevere, uno dei quartieri più belli della Capitale: pur essendo centro, infatti, è rimasto popolare nell’anima. In tempi più felici, era una delle mete preferite della movida romana, con locali e birrerie di ogni ordine e grado, pronte a soddisfare la fame e la sete di ogni tipo di avventore. Si ballava in piazza e c’era sempre qualche band improvvisata che animava la serata davanti l’antichissima chiesa di Santa Maria in Trastevere, riferimento visivo obbligato del quartiere. In più, si mangia che è una meraviglia: se volete gustare la cucina romana, niente di meglio che venire qui.

 

Ma non solo la città e la Regione erano gialli, anche la nostra meta lo era. Ci troviamo inaspettatamente dinanzi ad una mostra dedicata al genere poliziesco, dagli esordi letterari fino ai più recenti sviluppi televisivi. Beh, non rifiutiamo mai la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo e ci buttiamo a capofitto. Non ce ne siamo pentiti: l’esposizione era davvero bella. Gli ambienti luminosi e arieggiati, l’organizzazione spaziale, la scelta cromatica mettevano davvero a proprio agio il visitatore, accompagnandolo passo passo nel mondo del giallo. Belfagor, Maigret, Il Segno del Comando, i classici c’erano tutti e di ognuno di loro ci è stato svelato qualche piccolo dettaglio o retroscena poco noto. Ampio spazio anche agli sceneggiati polizieschi più recenti, tra cui spiccava come un gigante Il Commissario Montalbano, che entra di diritto nei grandi classici del genere. Insomma, eravamo presi abbastanza bene. Poi saliamo al secondo piano, verso il Museo vero e proprio. E è lì che inizia la nostra cronaca di un disastro evitabile.

Siragusa e Roesler Franz, vittime innocenti

Il secondo piano del Museo, al momento della nostra visita, era diviso in due: una seconda mostra temporanea e la collezione permanente. La prima era di un fotografo, Massimo Siragusa. Lo ammettiamo, noi non capiamo molto di queste cose. Ma il tema dei suoi scatti era quanto meno singolare: la periferia romana, ritratta senza pretese artistiche. Eppure, come suol dirsi, la bellezza sta nell’occhio di chi guarda. Forse dimostrare la veridicità di questo antico proverbio era lo scopo del fotografo, perché in effetti abbiamo guardato quelle foto apparentemente ordinarie - di quelle che uno direbbe “eh, pure io le so fare” - e ciascuno di noi ci ha trovato dei motivi per interessarsene: somiglianze con altri posti, “Oh, ma io lì ci sono passato”... In un modo che non sapremmo dirvi, ha toccato delle corde inaspettate. Non è forse questo che fa un artista? “Si, ma allora di che vi lamentate” direte voi? Beh, del modo con cui è stata organizzata l’esposizione. Letteralmente, foto incollate sulla parete senza nulla che guidasse il visitatore, in un contesto di rara bruttezza fatto di pareti spoglie e grigie. Mancava solo che le foto fossero affisse con il nastro adesivo! Non abbiamo fatto foto per evitare qualsivoglia problema di copyright, ma vi giuriamo che ci siamo sentiti offesi noi al posto del povero Siragusa. Non ci resta che sperare che si tratti di una scelta artistica, altrimenti davvero non ci sono scuse.

 

Finalmente passiamo alla collezione permanente del Museo, che consiste nella ricostruzione di scene e ambienti della Roma tardo-ottocentesca e nella raccolta di acquerelli di Ettore Roesler Franz, pittore italo-tedesco. Cominciamo da quest’ultima, “Roma Sparita”, 120 acquerelli dipinti tra il 1878 ed il 1896 che ritraggono la Roma di fine Ottocento raffigurando scene di vita quotidiana sulle vie del centro storico della capitale. Cosa non va? Anzitutto non sono tutti esposti, il che è un peccato. Soprattutto l’illuminazione è praticamente assente, il che in una sala adibita a degli acquerelli è una cosa assurda. Nel pannello introduttivo la sala, inoltre, è riportata una frase dello stesso Franz in cui esponeva chiaramente come dovevano essere esposti i suoi dipinti: assieme ad una grande mappa della città. Cioè, ve lo ha pure detto! Perché diavolo non c’è un percorso interattivo che collega una mappa odierna, una del periodo e i vari acquerelli, così che il visitatore li possa agevolmente collocare nello spazio? Magari con un confronto tra gli scorci dipinti e quegli stessi scorci oggi….? No? Hello...?

Non fatevi ingannare dalla foto, per farla così abbiamo dovuto usare il flash!
Non fatevi ingannare dalla foto, per farla così abbiamo dovuto usare il flash!

Non va affatto meglio con le ricostruzioni di scene e ambienti. Cos’è, le bollette sono troppo care? Dove diavolo è la luce? Tutto buio! I pannelli descrittivi poi, ah che poesia! Un muro di testo che scoraggia anche il più volenteroso dei visitatori. Se poi considerate che bisogna leggerli con una illuminazione più confacente ad una cappella che ad un museo, avete la pratica realizzazione di cosa NON bisogna fare in un percorso museale.

Concludendo

Perché non gli hanno dato retta!?
Perché non gli hanno dato retta!?

Gli acquerelli, però, sono molto belli. Pensiamo “dai, per rifarci la bocca ce ne compriamo un paio e li appendiamo in casa”. Ovviamente, oltre a blande guide turistiche, qualche anonima chincaglieria e volumi di storia dell’arte, all’ingresso non c’è un bookshop degno di nota. Insomma, nemmeno la soddisfazione di poterci comprare la stampa di uno dei magnifici acquerelli di Franz ci avete lasciato… Cosa dire quindi? A questo punto, la favorevole impressione e il buon umore che ci aveva lasciato la mostra sugli sceneggiati gialli si è dileguata, sostituita da un misto di rancore e aggressività passiva. Illuminazione inesistente, muri di testo illeggibili, il visitatore lasciato in balia di se stesso e, dulcis in fundo, nemmeno lo sfizio di un ricordino decente. Il nostro giudizio si abbatte gelido e impietoso sui perpetratori di questo crimine contro la cultura. Museo di Roma in Trastevere: 2 su 5! E non abbiamo messo 0 su 5 solo per la prima mostra.

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