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Ara Pacis - Pinte al Museo

          Nel mondo pandemico, le zone gialle sono sono quelle più vivibili e piacevoli, facendo diventare questo colore il preferito delle persone. Non può che essere un bene, dato che alcune delle cose più belle di cui godere nella vita hanno lo stesso colore: il sole col suo calore, l’intensa fragranza della granita di limone, una corposa e dissetante birra... Ma giallo per noi vuol dire a che un’altra cosa: Musei aperti! Siiiiiii! Da tempo sosteniamo che musei e parchi archeologici dovrebbero diventare un “consumo voluttuario”, ovvero un posto dove si va per piacere. Piacere della conoscenza, si, ma anche - soprattutto - piacere dell’esperienza. Proprio come si va in certi pub per godere dell’atmosfera e degli eventi (perché l'hamburger con birra e patatine si può fare pure a casa, pagando la metà), così dovrebbe essere per i musei: ci si va per le esperienze che offrono. E noi, approfittando del nostro giorno libero, ce ne siamo andati a visitare l’Ara Pacis, una cosa che volevamo fare da molto tempo.

 

Le Radici ca tieni

"Lo aveva detto la prof che il latino mi sarebbe servito nella vita"
"Lo aveva detto la prof che il latino mi sarebbe servito nella vita"

La nostra visita inizia all’esterno dell’Ara, dove ritroviamo riportato il testo delle Res Gestae dell’imperatore Augusto. Messici in posa da umarell che controlla i lavori, iniziamo a leggere, per poi ricordarci che non tocchiamo un testo latino da circa 6-7 anni e desistiamo. E qui, la prima considerazione: una targa con QR Code che inquadrandola mi legge in italiano cosa c’è scritto? Non sappiamo voi, ma siamo abbastanza certi che ben pochi comprendano il latino. E quel testo inciso nel muro della struttura che contiene l’Ara è un pezzo importante riferito anche al perché c’era quest’Ara, non a caso lo hanno  messo lì. Anche perché di fronte c’è pure il Mausoleo di Augusto, che di qui a brevissimo diventerà visitabile. Insomma, è un peccato che solo una persona su mille capisca cosa sta scritto, no?

 

"No, qui non ci sono mai stato"
"No, qui non ci sono mai stato"

Dato che il nostro ingresso è alle 11.15, ne approfittiamo per andare a vedere “Radici”, mostra fotografica di Josef Koudelka, il fotografo della Primavera di Praga. Mica pizza e fichi. Un sacco di belle foto in bianco e nero delle principali aree archeologiche del Mediterraneo, ma viste da punti di vista insoliti. Ci siamo divertiti un sacco a cercare di riconoscerle, anche perché in tanti di quei posti ci siamo stati o li abbiamo studiati: Delfi, Epidauro, Palmira, Segesta etc. L’ambiente era davvero ben fatto, pienamente immersivo e rilassante, perfetto insomma per godere appieno della mostra. Però... Recitava un cartello che la mostra riproduceva “una camminata in un sito archeologico”. Sarà, ma per Bob doveva essere la camminata sperduta e ciondolante di una persona alticcia: non si capiva per nulla quale fosse il criterio. Da Palmira si andava a Delfi, poi a Roma e Segesta, poi a Epidauro e di nuovo a Delfi e così via, a caso. Insomma, non siamo riusciti a cogliere quale criterio sia stato seguito nel mettere in piedi il percorso espositivo. C’è sicuramente - tutte le mostre hanno una logica interna - e renderla esplicita aiuterebbe molto di più ad immergersi nell’esperienza visiva. Comunque, bello tutto.

 

Mentre ci apprestiamo ad entrare all’Ara Pacis, gettiamo uno sguardo al bookshop. Ci sarebbe piaciuto comprare la riproduzione di qualche foto che ci aveva particolarmente colpito, così da ingentilire le nostre stanze spartane. Una parte non irrilevante per le entrate di un museo. Niente. Che delusione. In compenso era pieno di roba che con la mostra non azzeccava per nulla. Mostri!

 

 

“Una volta qui era tutta campagna”

"Signora mia, qui una volta era tutta campagna"
"Signora mia, qui una volta era tutta campagna"

Finalmente entriamo nel Museo. Essendo un ambiente con una sola attrazione, decidiamo di investire nella tecnologia e ci prendiamo un tablet per godere appieno le mille storie che l’Ara può raccontarci. Veniamo accolti da un enorme plastico in scala con la ricostruzione di come si presentava la zona in cui ci troviamo: praticamente una pianura disabitata, finché Augusto non ci piazza l’Ara e un altro paio di edifici interessanti. Ci fomentiamo un sacco quando la voce di Pace (la dea che ci sta guidando nella visita) ci dice che col tablet possiamo inquadrare il plastico e vedere le ricostruzioni 3D del Mausoleo, dell’Ara degli altri edifici. Insomma, il Museo ci sta trattando coi guanti. Poi, però, qualcosa va storto.

 

E comunque, per noi il più manzo era senza dubbio Agrippa
E comunque, per noi il più manzo era senza dubbio Agrippa

Pace, la nostra guida-tablet, ci mette a disposizione vari percorsi esplorativi. Ne scegliamo uno. Dopo averci raccontato in breve la storia dell’Ara, ci invita ad inquadrare il QR Code per i contenuti extra. Ma il QR Code da lei indicato non si trova. Panico e sudore freddo. Chiediamo anche all’addetta alla vigilanza che ci indica la direzione, ma niente. Solo dopo aver girato DUE volte attorno all’Ara, torniamo verso l’ingresso e inquadriamo a casaccio qualche QR Code, finché non troviamo quello giusto. Da quel momento in poi, la visita reale e quella virtuale diventano due linee parallele destinate a non incrociarsi mai più, generando un moto di profonda frustrazione nei nostri animi. Per consolarci, ci facciamo raccontare le vicende da soap opera dei Giulio-Claudi, guardando anche le riproduzioni dei loro mezzobusti… che purtroppo non possiamo colorare col tablet, né vedere come sarebbero stati dal vivo, né fare altri giochi interessanti tipo “Chi è più manzo, Agrippa o Augusto?”.

 

 

 

Concludendo

Insomma, il Museo dell’Ara Pacis è una bella esperienza. L’ambiente è ben illuminato e con i giusti abbinamenti cromatici, ci sono anche ampie panchine dove sedersi per godere appieno di tutto l’apparato esplicativo, che sia in formato audio-video che in quello più classico dei pannelli espositivi è sempre molto chiaro e di facile comprensione, senza presupporre nel visitatore una qualche conoscenza preliminare. La sua pecca, appunto, è che dopo l’introduzione col plastico in scala, il visitatore non si raccapezza più per la completa assenza di un percorso chiaro da seguire. Ottima la scelta di lasciare che a crearselo sia il visitatore stesso, anzi questa cosa è un merito, ma bisogna fargli capire come può farlo, altrimenti ci si ritroverà delle anime da Limbo dantesco che vanno da una parte all’altra senza arrivare mai da nessuna parte. Anche i così detti “contenuti aumentati” possono essere migliorati. Manca, appunto, l’interattività e la possibilità per il visitatore di mettersi alla prova con qualche gioco da abbinare alla visita: sull’Ara, per esempio, sono raffigurati vari tipi di animali (serpenti, rane, cigni, scorpioni etc.), perché non fare un piccolo gioco stile “Aguzzate la vista” con tanto di premio finale? Anche il merchandising è abbastanza generico e poco tematizzato: vuole raggiungere più gente possibile, anche se dovrebbe concentrarsi piuttosto su una nicchia di appassionati (e ce ne sono di ogni età e gruppo sociale) ben disposti ad acquistare. Voto finale: 4 su 5.

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