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L’ufficiale e la spia. I nostri non richiesti pareri sull’Affaire Dreyfus

Nessuno ce lo aveva chiesto. Potevate vivere benissimo senza. Eppure eccoci qui a parlarvi del nuovo film di quel meraviglioso essere umano di Roman Polanski, L’ufficiale e la spia. Di cosa parla il film? Oh nulla di che, solo una delle vicende più infauste della Francia della Belle Epoque: l’Affaire Dreyfus. Non crediamo di dover segnalare un “allarme spoiler”, ma nel caso vogliate andarlo a vedere e siete sensibili alla cosa… beh, fermatevi qui!

 

Georges & friends

H. Meyer, "Dregradazione di Dreyfus", Bibliothèque Nationale de France
H. Meyer, "Dregradazione di Dreyfus", Bibliothèque Nationale de France

Nel film seguiremo l’affaire dal punto di vista di uno degli uomini che ha – non sapendolo – contribuito alla condanna di Dreyfus: il colonnello Georges Picquart. Partiamo subito a bomba con il momento della degradazione di Dreyfus. Pari pari alle immagini comparse sulla stampa dell’epoca. Già ci piace. Dovete infatti sapere che, per degli storici, andare al cinema per guardare film del genere è sempre una sofferenza: le nostre menti, depravate da anni di studi e ricerche, non riescono più a godersi in pace la trama. No, esse devono soffermarsi su ogni piccolezza per accertarsi che sia coerente con l'epoca ed i fatti narrati. Che ansia. Ma per fortuna, il film parte bene e prosegue con l’arrivo di Picquart alla direzione dell’ufficio informazione del controspionaggio militare, che per evitare sospetti è chiamato “ufficio per la statistica”. Un po’ come le cartelle “Matematica” sul desktop, che tutti facciamo finta di non sapere cosa contengono in realtà.  Mentre tiene d’occhio l’addetto militare tedesco a Parigi, tale Schwartzkoppen, Georges scopre che il Bordereau, ovvero la prova utilizzata per condannare Dreyfus non è stata scritta da quest’ultimo, ma da un altro ufficiale: il maggiore Ferdinand Walsin Esterhazy. A questo punto, Picquart (che pure ha ben chiarito come non apprezzi gli ebrei) sente l’esigenza di battersi per riaprire il processo e far arrestare il vero colpevole, ma incontra l’opposizione dei suoi superiori. Nel frattempo, il buon Dreyfus vive il sogno contemporaneo: alloggia su una splendida isola tropicale dal nome esotico (isola del Diavolo), isolato dal mondo, coltivando ortaggi a km 0 ed altre amene attività. Il tutto a spese dei contribuenti. Che pacchia ragazzi!

 

La determinazione di Georges nel voler riaprire il caso è premiata dai suoi superiori, con un bel viaggio lungo i confini orientali della Francia e poi una bella crociera mediterranea nelle colonie d’oltremare, ad Algeri ed a Tunisi. Eppure, anche lui pare scontento della cosa. Tornato a Parigi, viene coinvolto nelle attività del comitato per la liberazione di Dreyfus, del quale fanno parte anche personalità interessanti come il futuro “grande” della Prima Guerra Mondiale Georges Clemenceau, ma soprattutto lo scrittore Emile Zola, l’uomo del celebre J’accuse, ovvero l’atto d’accusa a tutti i responsabili dell’Affaire pubblicato sul quotidiano l’Aurore. Qui una delle poche cose che ci ha fatto un po’ storcere il naso: a seguire il film, Georges pare una specie di eroe solitario le cui azioni ispirano altri alla mobilitazione. Ma anche no!  Quella per la liberazione di Dreyfus fu una battaglia collettiva che vide molta gente agire di concerto, a partire da quelli in prima linea: oltre a Zola (incredibilmente sullo sfondo del film, manco fosse una comparsa di poco peso) abbiamo Mathieu Dreyfus, fratello del condannato, il deputato Joseph Reinach, l’idealista anarchico Bernard Lazare, ed il leader socialista Jean Jaurès. Ma va bene, esigenze di sceneggiatura, lo capiamo. Solo, beh, almeno Zola poteva fare qualcosa di più che farsi dare l’idea di scrivere sul giornale. Anche perché….  beh, non è mai successo! Non solo l’incontro in questione in realtà non ebbe luogo, ma i fatti essenziali erano stati già divulgati non da Picquart, ma da Bernard Lazare, scrittore e giornalista ebreo che fu il primo ad imbastire la denuncia, che già nel 1896 aveva pubblicato un primo pamphlet sul caso. Ma comunque, rimane che Zola dice solo qualche frase di circostanza. E parliamo dell’uomo che ha fatto materialmente riaprire il caso, facendosi processare e costringendo quindi i militari ad affrontare un processo pubblico. Dreyfus verrà comunque condannato, ma a soli 10 anni da scontare in Francia e non in qualche isola lontana. Pochi anno dopo, comunque, arriverà la grazia. Anche Picquart verrà scagionato dalle accuse e liberato, e successivamente diventerà ministro della guerra… e comunque Dreyfus nel 1908 si becca una pallottola, questo il film non lo dice. Speravamo in una scena post titoli di coda stile Marvel, ambientata il  4 giugno 1908 quando, durante la solenne cerimonia di traslazione delle ceneri di Zola al Panthéon, un giornalista di estrema destra, Louis Grégori, spara due colpi di pistola a Dreyfus, ferendolo leggermente a un braccio. Ora lo sapete anche voi, e non è nemmeno uno spoiler!

 

Nazismo e fiki fiki

Fotogramma del film... no non è vero, ma vi giuriamo che la scena era uguale!
Fotogramma del film... no non è vero, ma vi giuriamo che la scena era uguale!

Ci sono anche aspetti divertenti in questo film, che hanno catturato la nostra attenzione più della trama (che tanto conoscevamo già). La Francia della Belle Epoque non era certo tutta lustrini e can can, anzi: tra la voglia di rivincita nei confronti dei tedeschi, che nella guerra del 1870 avevano preso a schiaffi l’esercito francese prendendosi l’Alsazia e la Lorena, e l’antisemitismo latente, c’era poco da ridere. Pensate che bello quando quando i cittadini scoprono che un ufficiale ebreo passava segreti militari ai tedeschi. Vai col pogrom! (e santa pazienza se ce ne furono). La prima scena è questa: dopo la pubblicazione del J’accuse, cittadini imbestialiti raccolgono le copie del giornale in piazza e gli danno fuoco augurando una vita lunga e prospera agli ebrei, aiutandoli anche a personalizzare le vetrine dei negozi con frasi poetiche e tante stelle. Vi ricorda nulla? 

 

La seconda è il fiki fiki. Le indagini riguardanti l’addetto militare tedesco a Parigi portano ad una sconvolgente verità: lui e l’addetto militare italiano sono amanti. Ok, al tempo Italia e Germania erano parte della Triplice Alleanza, ma… Oddio, se c’era anche l’addetto austriaco scattava il threesome! Comunque, dopo alcune blande informazioni, veniamo tenuti nella più oscura ignoranza. Perchè!? Vogliamo sapere! Che fine fanno i due amanti? Da quanto tempo si frequentano? Come hanno iniziato? Ma soprattutto… questa cosa è vera? Abbiamo provato a cercare qualche informazioni ma finora non è uscito nulla di interessante. Chiunque sappia qualcosa, per Giove ci faccia sapere!

 

Insomma, per quanto ci riguarda veramente un ottimo film. Sappiamo che ogni pellicola è diversa, ma comunque ci da fiducia per il prossimo film storico che vedremo a breve: “Midway”. Risultato finale: “L’ufficiale e la spia”, voto DIECI. Pinte di Storia approves.

 

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Commenti: 1
  • #1

    Anna (venerdì, 06 dicembre 2019 19:50)

    Pensavo che gli avreste dato un 9, viste le omissioni e imprecisioni. Che storici magnanimi!