· 

Donne e cannoni. La Sicilia delle rivoluzioni (1848-60)

Vi ricordate il nostro cicchetto dedicato a Santa Miloro e Giuseppa Calcagno? No? Beh, in questo caso vi consigliamo di riguardarlo, perché quando si parla del Risorgimento a nessuno viene mai in mente di associare l’epopea risorgimentale a nomi di donne, eccezion fatta per Anita Garibaldi o Cristina di Belgioioso, ma sono veramente poca cosa rispetto al gran numero di donne che si trovarono a combattere esattamente come i loro coetanei uomini le battaglie per l’Unità d’Italia. E visto che siamo in un momento storico di neoborbonismo andante, ci sembra il caso di approfondire le storie di queste donne, entrambe provenienti dalla più meridionale delle regioni italiane: la Sicilia.

 

Santa Miloro, la madrina del '48

Di Santa Miloro, oggi, nessuno ricorda il nome. Nella sua città natale, Palermo, solo un piccolo vicolo porta il suo nome, nel quartiere di Settecannoli. Ben poca cosa per la madrina del 1848. Chi era quindi? Una giovane ragazza che si sposò appena sedicenne e che rimase vedova a 20. Dopo un po’ di tempo si risposò con tale Pasquale Miloro. Una storia come un’altra? Niente affatto, perché il suo nuovo marito era uno dei rivoluzionari che organizzò l’insurrezione di Palermo del 12 gennaio 1848. Non passò molto tempo prima che il suo secondo marito la mettesse al corrente dei suoi piani e fu così che Santa entrò nel mondo della cospirazione antiborbonica, praticamente per caso. Santa aveva un temperamento formidabile e non aveva certo intenzione di starsene seduta a casa ad aspettare. Lanciatasi per strada, iniziò a distribuire coccarde tricolore e ad incitare alla rivolta i palermitani, che non sembravano particolarmente entusiasti all’idea di prendere le armi. Così, alternando appelli all’eroismo con derisioni per la vigliaccheria, riuscì a portare con sé il popolino e fu la prima a sparare contro la gendarmeria borbonica. Il Comitato Insurrezionale le dedicò per questo un’onorificenza, ma fu l’unico riconoscimento che ebbe mai: la restaurazione del 1849 fece cadere il suo nome nell’oblio e il 1860 portò con sé un’altra generazione di giovani i cui nomi avrebbero fatto la Storia. Pure, senza di lei, chissà se sarebbe nata a Palermo quella scintilla rivoluzionaria che accese in un colpo solo tutta l’Europa…

 

Peppa a cannunera

Di Giuseppa Calcagno non sappiamo praticamente nulla di certo: incerta la data di nascita (1826? 1841?), incerti i genitori, incerto il mestiere e persino il suo aspetto (chi la descrive bellissima, chi invece sfigurata dal vaiolo), incerta persino la data di morte. Eppure di lei sappiamo benissimo come combatté a Catania nel 1860. Prima ancora che giungessero i garibaldini, il 31 maggio 1860 i catanesi avevano infatti costretto i soldati borbonici ad asserragliarsi in piazza dell’Università dopo ore di furiosi combattimenti. Quando le munizioni iniziarono a scarseggiare però, la cavalleria borbonica provò a riprendere un pezzo d’artiglieria caricando i rivoltosi, che si dettero alla fuga… tranne la nostra Peppa, che li attese a piè fermo e li bombardò col cannone, che poi riuscì a portare al sicuro assieme ad altri rivoltosi. Peppa fu decisamente più fortunata in quanto a riconoscimenti: il nuovo governo del Regno d’Italia le accordò una pensione di 9 ducati mensili ed una medaglia d’argento al valore per il suo comportamento eroico. Il pittore Giuseppe Sciuti le dedicò una tela (andata distrutta nel 1944) ed addirittura un suo busto in gesso fu collocato nell'ex Museo Nazionale di Palermo (oggi Museo archeologico regionale Salinas), il che non sarebbe piaciuto granché alla povera Santa, data la rivalità esistente tra Palermo e Catania.

Amor di patria?

Ma non vogliamo certo star qui a decantare l’amor patrio di queste donne in maniera acritica, perché sarebbe un errore. Cosa le spinse a combattere? La presenza di donne in prima linea nella lotta indica la radicalità delle aspettative di riscatto: Santa, Peppa e tutte le altre credettero di partecipare ad un processo di rinascita, per l’appunto il Risorgimento, da cui sarebbe nata anche per le donne una condizione di maggiore eguaglianza e di libertà. Sappiamo però bene che, per questo, si sarebbe dovuto aspettare ancora molto.

 

Scrivi commento

Commenti: 0