Lo scorso mese, in uno dei nostri cicchetti, vi abbiamo raccontato di come spesso, nel corso della Storia, siano stati i campi da gioco sportivi a migliorare o a peggiorare i rapporti fra due paesi. Di esempi, sia positivi che negativi, ne avremmo a decine, ma approfondiamo insieme i due di cui vi abbiamo già accennato.
Stati Uniti e Unione Sovietica: i maledetti tre secondi

Nel corso della guerra fredda poche volte le due potenze rivali Stati Uniti ed Unione Sovietica si sono scontrate su un campo da gioco. Una di queste viene ricordata dagli appassionati di pallacanestro - e non solo - per quei “tre secondi” che cambiarono la Storia.
Parliamo della finale olimpica di pallacanestro alle olimpiadi di Monaco 1972. Questo luogo e questa data sicuramente ci riportano alla mente quel tragico 6 settembre, quando un commando terroristico palestinese fece irruzione nel villaggio olimpico ed uccise alcuni atleti israeliani. Nonostante lo shock ed il dolore per l’accaduto, il presidente del CIO Avery Brundage prese la controversa decisione di non interrompere i Giochi olimpici. Ed eccoci così al 9 settembre, giorno in cui si disputò alla Basketball Hall la finale di pallacanestro tra USA ed URSS.
Per una volta, non erano gli americani i favoriti, che infatti schieravano una compagine universitaria, a differenza dell’Unione Sovietica che poteva contare su grandi campioni, tra cui il plurimedagliato Sergej Belov. Non c’è da stupirsi riguardo l’andamento della partita, con l’URSS sempre davanti fino a tre secondi dalla fine, quando gli Stati Uniti andarono per la prima volta in vantaggio. Penserete che ormai la medaglia d’oro fosse sicuramente nelle mani degli statunitensi… Loro di certo lo pensarono! Ma, nel bel mezzo delle esultanze, accadde l’impensabile: a seguito dell’intervento di un delegato della federazione pallacanestro, fu stabilito che i secondi che restavano da giocare fossero ancora tre, e non uno, come segnalava anche il tabellone della Basketball Hall.
Fu proprio durante quei “tre maledetti secondi” che Sergej Belov mise a segno il canestro della vittoria. Gli americani, per protesta, boicottarono la cerimonia di premiazione e presentarono un reclamo che, purtroppo per loro, non fu accolto. Ancora oggi, nella sede del CIO, ci sono le dieci medaglie d’argento rifiutate dagli atleti statunitensi.
Stati Uniti e Cina: la diplomazia del ping pong

Un signore che aveva capito quanto lo sport potesse essere importante per le questioni diplomatiche era Henry Kissinger. Segretario di Stato americano durante i primi anni settanta, si rese conto della forza di un episodio storico che avrebbe potuto migliorare i rapporti fra Stati Uniti e Cina.
Nel 1971, a Nagoya in Giappone, si giocavano i mondiali di ping pong. Non stiamo per raccontarvi un fatto prettamente sportivo, ma quel che accadde finì su tutti i giornali. Caso volle che un atleta americano, Glenn Cowan, dopo essersi allenato con un suo collega cinese, uscendo dal palazzetto si rese conto di non avere un mezzo per poter rientrare in hotel. Fu la delegazione cinese ad offrirgli un passaggio. Su quel pullman viaggiava anche il campione mondiale Zhuang Zedong che offrì all'avversario un regalo: una seta molto preziosa con su ricamati i monti cantati dai poeti della dinastia Tang. L’episodio fece decisamente scalpore: in quegli anni, infatti, era impensabile vedere un cinese fraternizzare con un americano.
Ma torniamo a Kissinger. Il segretario intuì le potenzialità dell’accaduto e colse l’occasione per organizzare una famosa partita di ping pong che avrebbe permesso agli americani di entrare in Cina per la prima volta dall'avvento di Mao. Fu un disastro dal punto di vista tecnico, ma un successo sul piano diplomatico.
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